Il Teatro Futurista

Giacomo Balla, Feu d'artifice, Azione astratta di luci e colori su musica di Igor Stravinskij per i balletti russi. 1917

A partire dal 1913 Marinetti teorizza il teatro futurista attraverso la stesura di 3 manifesti: quello del Teatro di varietà(1913), del Teatro sintetico futurista (1915) e del Teatro della sorpresa (1921). Oltre a questi tre vengono pubblicati numerosi altri manifesti. In ognuno di questi scritti viene sottolineata la volontà di ripudiare le rappresentazioni naturalistiche, di evitare qualsiasi tentativo di illusione realistica e di realismo psicologico; ciò infatti nuocerebbe a una libera espressione della creatività e della fantasia.
Il teatro futurista si svolge in un tempo e in uno spazio teatrali apertamente diversi da quelli reali. Si prediligono situazioni che si risolvono in tempi brevissimi, spesso di un unico rapido quadro. Le scenografie e la coreografia, strettamente collegate al testo, non sono mai ambientazioni realistiche, ma spesso astratte o metaforiche, allusive. Lo spettatore spesso diventa protagonista attivo di quanto avviene sulla scena: gli stessi attori, provocandolo, arrivano a creare un dialogo serrato che può sfociare in vere e proprie contestazioni verbali simili alla rissa. "Il teatro futurista saprà esaltare i suoi spettatori, far loro dimenticare la monotonia della vita quotidiana scaraventandoli attraverso un labirinto di sensazioni improntate alla più esasperata originalità e combinate in modi imprevedibili".
Preparativi per uno spettacolo futurista a Rovereto, nel 1923, organizzato da Depero Numerosi sono i futuristi che si dedicano al teatro: F. Gangiullo, B. Corra, E. Settimelli, G. Balla, U. Boccioni, F. Pratella, L. Russolo, F. Depero. Il teatro attira molto i futuristi perché sollecita contemporaneamente tutti i sensi e coinvolge simultaneamente letteratura e arti visive.
Esistono all'interno del teatro futurista numerose tendenze particolari. Il teatro grottesco ed eccentrico, il teatro dell' assurdo, il teatro sintetico. Ci può essere aperta polemica con la letteratura precedente, oppure no; in genere nell'azione giocano molto i rumori, le luci, i colori, la gestualità, i movimenti del corpo. Le disdascalie per la messa in scena sono dettagliatissime e lunghe, tanto quanto brevi e spesso fulminei sono i dialoghi, ridotti a poche battute. Spesso anzi si tratta di scene completamente mute. Si rappresentano situazioni astratte e inverosimili, i personaggi attuano comportamenti incomprensibili, che sconcertano lo spettatore. Spesso i personaggi sono oggetti e non persone. Ciò che sconcerta è soprattutto trovarsi di fronte a comportamenti apparentemente assurdi, agiti però come se avessero senso, mentre reazioni o frasi che appartengono al senso comune risultano, nella situazione teatrale, improvvisamente stereotipe e insensate.
Anche la Russia con Majakovskij guarda alle novità del teatro futurista, ma in un senso più espressionista, satirico, stravolgendo caricaturalmente la realtà e facendone stridere ed esplodere le contraddizioni. La danza è un altro campo rinnovato dal movimento futurista. Attraverso il movimento del corpo i ballerini creano nello spettatore emozioni associate al dinamismo, alla velocità, al vorticismo. (I ballerini dovrebbero sapersi muovere come automobili, aeroplani o come pallottole).
Depero, Balli plastici - manifesto, 1918
Le scenografie, le coreografie, i costumi, gli arredi sono basati sulla geometrizzazione delle forme e sui colori accesi. La scena come evento plastico dunque: uno spazio attivo, implicante, provocatorio, irradiante e dominato dal dinamismo plastico. Il manifesto Scenografia e coreografia futurista nel 1915 specifica:
"La scena non sarà più uno sfondo colorato, ma una architettura elettromeccanica incolore, vivificata potentemente da emanazioni cromatiche di fonte luminosa generate da riflettori elettrici dai vetri multicolori disposti, coordinati analogamente alla psiche che ogni azione scenica richiede. [...] Invertiamo le parti della scena illuminata, creiamo la scena illuminante: espressione luminosa che irradierà con tutta la sua potenza emotiva i colori richiesti dall'azione teatrale. [...] Nell'epoca totalmente realizzabile del futurismo, vedremo le dinamiche architetture luminose della scena emanare incandescenze cromatiche che inerpicandosi tragicamente o voluttuosamente esibendosi, desteranno inevitabilmente nello spettatore nuove sensazioni, nuovi valori emotivi."

L’abilità propagandistica e il desiderio di sollevare scalpore, spingono i futuristi ad intervenire anche in campo teatrale. In particolare Marinetti credeva che tutti fossero potenzialmente poeti o drammaturghi. Da questa idea cominciarono, in tutta Italia, a dilagare le celeberrime “serate futuriste”, inizialmente nelle piazze – coinvolgendo nelle rappresentazioni anche il pubblico – e successivamente nei teatri. Marinetti, Corra e Settimelli sono considerati gli iniziatori del teatro “sintetico” futurista: questo aggettivo deriva dal fatto che si trattava per lo più di piccoli “attimi sintetici”, le cui caratteristiche sono la concentrazione, la compenetrazione, la simultaneità e il dinamismo. Non sempre il pubblico accettava la “forza d’urto” di quel teatro, e spesso rispondeva con ingiurie e con il lancio di ortaggi. Immancabilmente le serate futuriste si concludevano con provocazioni di ogni tipo e con risse furibonde, con tanto di sfide a duello. Spesso i nemici e avversari dei futuristi affittavano interi palchi, munendosi di ortaggi, e al momento opportuno facevano scattare la baraonda. A quel punto i futuristi avevano già vinto la loro battaglia pubblicitaria. L’eco del putiferio si estendeva, attraverso i giornali, in tutta l’Italia. Osservando più tecnicamente il teatro futurista, si può osservare che – come i dadaisti e i surrealisti – neppure i futuristi italiani furono uomini di teatro nel senso professionale del termine, ma artisti, scrittori, poeti che consideravano il teatro non solo un ideale punto d’incontro, ma anche il migliore strumento di propaganda del loro ideale vitalistico, nazionalista e tecnocratico. Nonostante la mancanza di professionismo, furono coloro che al teatro concessero un’attenzione più continua e organica, soprattutto a livello teorico, in una serie di manifesti: il manifesto dei drammaturghi futuristi (1911), del teatro di varietà (1913), del teatro futurista sintetico (1915), della scenografia futurista (1915), del teatro della sorpresa (1921).